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   Due o quattro battenti, un parere Riduci



La mia è una opinione. Non pretendo di avere alcuna verità e so per certo che gli esseri umani sono tutti simili e nessuno uguale. Ma sento delle cose che mi suonano come sciocchezze e sento il bisogno di dirlo.

La mia scuola è quella di fare l’assolo usando due battenti e di armonizzare dietro al solista o suonare da solo con quattro.
E’ la scuola di Teddy Charles, Mike Mainieri, Dave Pike eccetera.
Nessuna pretesa di affermare che questa sia la scuola migliore, ma sento dire che, ad esempio, tenendo sempre in mano i quattro battenti, puoi comunque suonare a due. Intendendo dire che puoi fare il fraseggio che si fa con un battente per mano.
Questa è una emerita scemenza.
Non è vero ed è facilmente dimostrabile. Chi tiene due o tre battenti per mano, solitamente, spegne il motore delle alette e già solo questo dettaglio dimostra che non si riesce a fare con due o più battenti per mano, quello che si può fare con uno.
Usare il motore delle alette significa maggiori possibilità espressive e dinamiche.
Ancora, il fraseggio di chi suona a due battenti è radicalmente diverso di chi suona a quattro o più battenti. Il che non significa meglio o peggio, ma semplicemente diverso.
Prendiamo due fuoriclasse della tecnica a quattro battenti come Gary Burton e Dave Friedman, due splendidi musicisti, ma lontani per swing, feeling e senso del blues da colleghi come Lionel Hampton, Milt Jackson o Bobby Hutcherson.
E’ chiaro che Burton e Friedman hanno tanto altro da offrire, ma chi può onestamente affermare che nella loro musica si ritrova ciò che ha dato chi suonava a due battenti?
Stefon Harris, Warren Wolf, Christian Tamburr, Jason Marsalis ed altri hanno studiato per suonare a quattro battenti, ma hanno recuperato l’improvvisazione a due battenti perché è inconfutabile che ogni tecnica ti dà qualcosa e te ne leva un’altra.
Non esiste una tecnica omni-comprensiva. Ed è proprio dell’artista scegliere cosa tenere e cosa lasciare fuori.
Senza ricorrere a facili esempi in pittura ed in letteratura, basta pensare che ogni strumento impone un fraseggio diverso a causa della sua meccanica, della sua logistica.
Un tema facile su uno strumento, può presentarsi complesso su un altro strumento. Una tonalità facile su uno strumento, può essere difficile su un altro e così via.
Così parlando, arriviamo ad un punto chiave: non ha importanza quanti battenti hai in mano, ha importanza la musica che fai.
Con un minimo di onestà intellettuale, bisogna riconoscere che si possono avere tre battenti per mano e fare solo strumentismo. Mentre qualcuno, con il minimo dei mezzi, può incantarti per la capacità di esprimere originalità, bellezza e poesia.
La grande musica non è frutto di questa o quella scuola, ma dell’individuo dietro le piastre. La grande musica è frutto della sua cultura, sensibilità, intuizione e (perché no?) della benevolenza nei suoi riguardi di tutto l’universo.