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   Conversazione con Gary Burton Riduci

Gary Burton è il più popolare vibrafonista jazz dopo Lionel Hampton.
Burton è uno dei più grandi jazzisti viventi, capace di leggere a vista qualsiasi genere e di improvvisare in qualsiasi contesto: tonale, modale, free, tempi dispari eccetera.
Ed è anche una grande personalità culturale, così come un grande didatta, che attualmente copre il ruolo di vicedirettore della Berklee di Boston.
Questa conversazione è avvenuta nel pomeriggio prima di un concerto con il pianista Makoto Ozono al teatro Ambra Jovinelli di Roma, dove Burton ha dimostrato per l’ennesima volta di essere un virtuoso inarrivabile.

De Rose: “E’ molto difficile perseguire una carriera musicale come vibrafonista in Europa…”
Burton: “E’ difficile dovunque.”
D: “Anche negli U.S.A.?”
B: “Certo. Il vibrafono non è corpo essenziale di un gruppo. Devi avere una batteria, devi avere un basso, puoi avere un piano o una chitarra, ma non hai bisogno di un vibrafono…Per i vibrafonisti l’unica opportunità è di essere dei leaders, di avere successo con il proprio gruppo.
Quando ho cominciato solo due gruppi usavano il vibrafono: George Shearing…”
D: E tu ti sei rivelato con Shearing…”
B: Si, ho cominciato con Shearing, e l’altro gruppo era quello del flautista Herbie Mann…
D:” Che allora impiegava Dave Pike…”
B: “ Si. Oggi l’unico gruppo a cui posso pensare sono gli Spyrogyra che hanno impiegato per una diecina d’anni Dave Samuels.
Dunque è d’obbligo per i vibrafonisti tentare di imporre un proprio gruppo.”
D:” Così è difficile dovunque…”
B: “Lo strumento più richiesto è il contrabbasso. I bassisti hanno molto lavoro.”
D: “In Italia, i più richiesti sembrano essere i pianisti e i chitarristi…”
B: “Perché possono suonare da soli, ma dovunque è difficile per chi ha bisogno d’altri musicisti. Come i trombonisti, i flautisti…a meno che non suonino musica classica…”
D: “A proposito, che fine ha fatto Jeremy Steig (grande flautista degli anni settanta…) ?
B: “Non ne ho più sentito parlare. Non so se suona ancora. Pensiamo al clarinetto: alla fine degli anni trenta sembrava il re degli strumenti. Poi si pensò che non fosse adatto al jazz moderno e tutti passarono al sassofono e l’abbandonarono.”
D: “A me sembra un delitto…”
B: “Probabilmente lo è.”
D: “Mi è piaciuto molto il tuo disco con il clarinettista Eddie Daniels…”
B: “Anche a me…”
D: “Hai anche lavorato con il concertista classico Richard Stolzman…”
B: “Richard abita vicino a me in Boston. E’ un clarinettista classico, ma se fa qualche cosa di diverso in sala d’incisione mi chiama…”
D: “Parliamo un po’ dei nuovi vibrafonisti. Cosa ne pensi?
B: “Bene. Direi che quelli più in evidenza sono tre: Joe Locke, Stefon Harris e Steve Nelson che suona con il bassista Dave Holland.
Locke è sulla scena da almeno venti anni e suona dappertutto con vari musicisti locali. Mentre veramente nuovo è Stefon Harris che conta venticinque anni più o meno.
Stefon suona jazz da poco: era un percussionista classico. Ha lavorato nel campo sinfonico fino a poco tempo fa. Ora sembra calamitare l’attenzione generale su di sé, ma suona jazz da troppo poco, per potere avere una opinione piena. Bisogna aspettare.”
D: “Ho trovato molto gradevole il quartetto con Ron Carter, dove cercano di proporsi come eredi del Modern Jazz Quartet. Si firmano Classical Jazz Quartet. In proprio, Harris suona spesso free…”
B: “Dipende dal brano … L’ho sentito una sola volta dal vivo, in duo con un pianista…
D: “Terrasson?…”
B: “No, no. Non so chi fosse il pianista. Hanno suonato qualche standards e qualche free music. Stefon ha suonato anche la marimba. Sta cercando un proprio suono… Fa qualcosa alla Milton Jackson, qualcosa che rieccheggia me… Sta cercando…
Ho rispetto per lui.
Mentre Joe Locke è vicino al mio modo di suonare…
D: “Sembra cercare una sintesi fra la tua scuola e quella di Jackson…
B:” Sono d’accordo. Mentre Steve Nelson appartiene decisamente alla Milton Jackson school…”
D: “Conosci Bill Ware?”
B: “No. Tieni presente che conosco i musicisti solo se li vedo suonare. Raramente ascolto musica registrata.”
D: “Mike Mainieri ha detto che spesso chiami altri vibrafonisti a suonare o fare seminari nella tua scuola. Ovvero la Berklee di Boston dove sei vice-direttore…”
B: “Non lo faccio personalmente. E’ una scuola che conta più di tremila allievi e più di quattrocento allievi percussionisti. Pertanto, gli stessi insegnanti, come Dave Samuels e Victor Mendoza, invitano altri vibrafonisti e ‘mallets players’ in genere.
D: “Sembri avere adottato definitivamente il duo come organico per esprimerti dal vivo. Ma qualcuno, come me, ha nostalgia del quartetto con chitarra…”
B: “Ho in piedi i duo con Chick Corea e con Makoto Ozono. E’ decisamente un organico che semplifica tutta la logistica del suonare. Ma organizzo dei gruppi per occasioni speciali come una incisione o altro.”
D:” Come in ‘Like Minds’…
B: “Si. Sette anni fa, ho cambiato alcune cose nella mia vita. Sono diventato vice-direttore della Berklee ed ho ridotto il diario delle mie esibizioni a trentacinque- quaranta concerti l’anno. E dopo circa trenta anni, ho smesso di dirigere un gruppo (quartetto o quintetto) preferendo la formula del duo o free-lance per altri progetti come quello del tango.”
D: “Capisco, ma pensa che possiedo il tuo primo disco con il chitarrista Hank Garland..”
B: “ Avevo diciassette anni. O.K. La combinazione del vibrafono con la chitarra è una delle mie preferite. Sono due strumenti che possono andare insieme, dialogare, completarsi, separarsi eccetera.”
D: “Hai suonato con tutti i più grandi chitarristi. Quali sono quelli che preferisci ed hai maggiore intesa?”
B: “Mick Goodrick, Pat Metheny e John Scofield, ma mi piacciono tutti quelli con i quali ho suonato.”
D:” Ho molto apprezzato il tuo omaggio ai grandi vibrafonisti del passato nel Cd “For Hamp, Red, Bags & Cal”. Cosa ne pensi degli altri, quelli che mancano alla lista, tipo Teddy Charles?”
B: “Ci sono stati altri vibrafonisti come Charles, Terry Gibbs, Don Elliott, Victor Feldman eccetera, ma nessuno di loro ha avuto così tanta influenza sugli altri vibrafonisti, come i quattro a cui ho reso omaggio.
D: “I tuoi prossimi progetti?”
B: “Dovrò suonare in un documentario sul tango. Questo nei miei prossimi sei mesi: non so cosa farò al di là di questo periodo di tempo.”

 
 
     





Gary Burton live a Praga nel 1978 con Steve Swallow e Tiger Okoshi.