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   Dave Pike Riduci
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C’è una usanza fra i musicisti jazz… quando si capisce che la propria storia è finita, si regalano i propri plettri, bocchini, battenti, bacchette, archetti o quello che sia… al collega che viene considerato il proprio successore…

Milton Jackson, constatato di essere minato da un male incurabile, portò di persona i suoi battenti a Dave Pike…
Questo aneddoto dovrebbe chiarire definitivamente la statura del soggetto in causa…

Pike è nato, come Jackson, a Detroit quindici anni dopo ed ha avuto una carriera molto articolata. Pertanto anche se salutato subito come il nuovo grande vibrafonista nel solco di Jackson e Cal Tjader, oggi risulta poco conosciuto. E questo anche perché i suoi molteplici interessi e spostamenti hanno spezzettato la sua carriera.
La sua discografia è ben nutrita; ma quasi sempre introvabile, e Pike ha puntato molto di più sul comporre musica funzionale (vedi colonne sonore di ogni tipo…), invece di perseguire una carriera concertistica.
Trasferitosi giovanissimo in california, dove ovviamente mirava agli studi di Hollywood, Pike ha suonato con tutti i musicisti del luogo compreso Charlie Haden e Paul Bley nella sua prima incisione statunitense. Nel contempo insegnava e fra i suoi allievi annoverava Bobby Hutcherson.

Tornato sulla costa est, mentre lavorava nel gruppo del flautista Herbie Mann, Pike firma dei lavori eccellenti uno con il concittadino Barry Harris, uno con Bill Evans ed una versione jazz del musical “Oliver” insieme a Tommy Flanagan e Jimmy Raney, che allo scrivente sembra una prova di forza definitiva.
Pike rigenera i temi del musical con arrangiamenti perfetti ed i suoi assoli e quelli di Flanagan e Raney, fanno il resto…
Il solismo di Pike è strepitoso: fa venire in mente Charlie Parker, Bud Powell, Sonny Rollins… con un suono aggressivo, un uso ampio del motore delle alette e quindi del pedale di sostegno, ed un vero e proprio canto a sottolineare le sue innumerevoli invenzioni melodiche.
Quello di Pike non è uno squittio alla Keith Jarrett: Pike imposta la voce e canta insieme al suo vibrafono…
Sembra fatta… Pike alterna al suo seducente hard bop anche dei dischi ‘latini’ alla Cal Tjader, fra i quali va sottolineato quello realizzato con il trombettista Clark Terry ed il chitarrista Kenny Burrell…
Sembra fatta… ma Pike emigra in Germania… cherchez la femme… dove viene accolto da re, ma in una realtà, allora, completamente diversa.
Oggi un americano si stabilisce in Europa, pensiamo a Dave Friedman, e può continuare a lavorare in ciò che gli interessa…negli anni ’60, invece bisognava fare eco alla moda statunitense.
Pike non si pone problemi: Gary Burton domina la scena con il suo gruppo da “figlio dei fiori” e Pike ne fa una versione tedesca con tre ottimi strumentisti del luogo che incide per la prestigiosa MPS…

Il gruppo si chiama “Dave Pike Set” ed esalta le capacità compositive del vibrafonista. Egli armonizza perfettamente a quattro battenti e scegli di suonare a due o quattro solisticamente secondo il brano.
Pike resta in Germania per vari anni poi decide di tornare negli Usa e, ovviamente, in California.
Qui trova il tempo di gestire un club e di avere un incidente che gli frantuma il polso e gli impedisce di suonare per qualche anno… ma la sua storia discografica non ha pause… fra l’altro, incide tre dischi al vibrafono elettrico… strumento che dalla foto non riesco ad individuare… mentre rimane invariato il suo alternare uno splendido hard bop (Bophead) ad incisioni latineggianti.
In “Peligroso”, mostrando i battenti regalatogli da Milton Jackson, dichiara che sente molto la mancanza dei suoi cari amici: Jackson e Tjader…
Essendo un musicista che non ama andare in tournee, anche se proprio l’anno scorso ha fatto una tournee in tutto il Giappone con un gruppo nutrito,

Pike va conosciuto attraverso i dischi.

Ecco una scelta sulla quale saranno d’accordo in molti:
1) “It’s Time For Pike” con Barry Harris
2) “Dave’s Pike” con Bill Evans
3) “Oliver” con Tommy Flanagan e Jimmy Raney
4) “Bossa Nova Carnival” con Clark Terry  e Kenny Burrell
5) “Pike’s Groove” con Cedar Walton
6) “Bluebird” con Charles McPherson
7) “Bophead” con Anthony Wilson e vari ospiti 

Nino De Rose - docente al Conservatorio di Milano